domenica 3 marzo 2013

Dopo un secolo ....



"Dopo un secolo, verso il 1790, la popolazione bianca di Città del Capo ammontava a 21.000 anime, servite da 25.000 schiavi neri e meticci, questi ultimi conosciuti già allora come "coloured". I boeri estesero sempre più verso l'interno i confini della colonia, strappando a fucilate le terre alle tribù locali. Formavano famiglie molto numerose, erano quasi autosufficienti nelle loro fattorie isolate e si dimostravano gelosi e orgogliosi guardiani della loro solitudine, al punto che si diceva che tutto quel che volevano vedere dei vicini era il fumo uscire dai camini. Cominciarono a essere chiamati trekboer, parola derivante dall'olandese trek, che significa "spingere" (un carretto). Intanto i coloni sviluppavano un particolare dialetto derivato dall'olandese, che incorporava espressioni di altre lingue europee e termini malesi e indonesiani. Nacque così la lingua "afrikaans".

Javier Reverte



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sabato 2 marzo 2013

Il numero degli olandesi ....



"Il numero degli olandesi continuò a crescere, ingrossato da emigranti in fuga dalla povertà e dalla miseria, ai quali si garantiva gratuitamente un passaggio per Città del Capo e un pezzo di terra da coltivare. Imbevuti dello spirito puritano e dogmatico del calvinismo, isolati da tutti i movimenti spirituali e rivoluzionari europei, i boeri si sentivano condotti in quelle terre da una sorta di destino manifesto, come popolo eletto da Dio. Erano forti, indipendenti, arditi, ferocemente razzisti, e non leggevano altro che la Bibbia. Erano, insomma, dei veri zotici, con la pistola in una mano e la Bibbia nell'altra. Con loro nacque lo spirito dell'apartheid, che tanto sangue sarebbe costato al Sudafrica".

Javier Reverte



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venerdì 1 marzo 2013

L'arrivo e l'insediamento di Riebeeck .....



"L'arrivo e l'insediamento di Riebeeck cambiò tutto. Quei primi e poco numerosi coloni olandesi iniziarono a rendersi indipendenti dalla compagnia e a imporre i loro prezzi ai prodotti che vendevano. Cominciarono a essere chiamati "boeri", che in olandese vuol dire contadini. Nel 1688 si unirono a loro 150 ugonotti francesi, calvinisti anch'essi, sfuggiti alle persecuzioni del re cattolico Luigi XIV. Giunse anche un contingente di soldati tedeschi. Gli europei presenti a Città del Capo a quel tempo erano circa un migliaio, serviti da quasi altrettanto schiavi provenienti dall'Angola, dal Benin, dal Mozambico, dal Madagascar e dall'Indonesia. In quegli stessi anni, alcune decine di ragazze europee orfane furono importate per provvedere di mogli i coloni".

Javier Reverte



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giovedì 28 febbraio 2013

La zona allora era abitata ....



"La zona allora era abitata da tribù di boscimani e ottentotti, i cui rapporti con gli europei andavano da scambi commerciali amichevoli a frequenti scontri armati. Quando arrivavano le navi, gli indigeni ottenevano rame, ferro e tabacco in cambio di carne e acqua. 
Talora l'equipaggio di una nave europea ne approfittava per depredarli prima di salpare per l'Asia, e boscimani e ottentotti rispondevano attaccando la nave successiva che attraccava nel porto. Rubare è una vecchia abitudine dei buoni cristiani, e a nessuno al mondo, per primitivo che sia, piace che gli portino via quel che è suo".

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domenica 24 febbraio 2013

Verso la fine del XVI secolo ....



"Verso la fine del XVI secolo, olandesi e inglesi entrarono in competizione con i portoghesi nel commercio delle spezie. La Table Bay divenne uno scalo abituale dei velieri. Si trovava a metà strada fra l'Europa e l'Oriente, e gli equipaggi esausti, gravemente minacciati dallo scorbuto, vi si potevano rifornire d'acqua, carne, frutta e verdura. Nel 1647 una nave olandese naufragò nella baia e il suo equipaggio costruì un forte per difendersi dalle tribù indigene. I naufraghi furono tratti in salvo un anno dopo, ma la Dutch East India Company decise di mantenere sul posto una base stabile di approvvigionamento per le navi dirette alle Indie. Nell'aprile del 1652 una spedizione inviata dalla compagnia olandese, agli ordini di Jan van Riebeeck, sbarcò nella baia. Eresse, naturalmente, una chiesa, di fede calvinista, fede allora dominante in Olanda. Riebeeck seminò inoltre ortaggi, creò un allevamento di animali e piantò dei vigneti. Così, tre secoli e mezzo fa, tra lattughe, fiaschi di vino rosso e conigli nasceva, benedetta da Dio, Città del Capo".

Javier Reverte



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sabato 23 febbraio 2013

Alla fine del XV secolo ....



"Alla fine del XV secolo una delle ricchezze più apprezzate dagli europei erano le spezie d'Oriente, che avevano prezzi molto alti sui mercati occidentali. Le vie di terra per il trasporto delle spezie imponevano alle carovane cristiane un lungo viaggio irto di pericoli, soprattutto a causa dell'espansione dell'Islam in Nordafrica, Turchia e Asia. Il Canale di Suez non era ancora stato aperto, e agli europei rimaneva un'unica soluzione:navigare verso sud lungo la costa atlantica dell'Africa, doppiare il Capo delle Tempeste e risalire l'Oceano Indiano verso oriente.
Un marinaio portoghese, Bartolomeo Diaz, era giunto alla Table Bay, ai piedi della grande montagna, nel 1487. Continuò il suo viaggio e, qualche giorno dopo, doppiò il Capo delle Tempeste, che ribattezzò Capo di Buona Speranza. Dopo aver navigato per parecchi mesi lungo le coste africane dell'Oceano Indiano, fece ritorno in Portogallo. Dieci anni più tardi, una nuova spedizione portoghese guidata da Vasco de Gama seguì la stessa rotta e riuscì a raggiungere l'India nel 1498. La via delle spezie era aperta.

Javier Reverte



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giovedì 21 febbraio 2013

Cercai di immaginare ....



"Cercai di immaginare come poteva essere apparsa quell'enorme rocca ai portoghesi e agli olandesi che per primi si erano spinti fin lì. 
Senza dubbio Città del Capo è un eccellente porto naturale, orientato a nord, al riparo dai venti antartici e dalle tempeste. Forse, a quei tempi, vedere l'immenso muraglione della Table Mountain dopo un lungo viaggio sull'oceano era una promessa di rifugio e protezione. Ma l'enorme rocca poteva anche sembrare un temibile guardiano che sbarrava l'accesso a sud del continente ignoto. Dietro si estendeva la grande terra sconosciuta, l'Africa misteriosa, con le sue foreste, le catene montuose, i fiumi e i laghi, le tribù ostili e le belve, ogni sorta di pericoli ma anche di ricchezze. L'ambizione si ridestava nel cuore dei viaggiatori. E anche la sete d'avventura, di vita intensa ed emozionante".

Javier Reverte


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sabato 9 febbraio 2013

Incrociammo a sud dell'isola di Rodden.....



"Incrociammo a sud dell'isola di Rodden. e il veliero iniziò la virata per intraprendere il viaggio di ritorno. Rimasi solo a prua. Ora soffiava una brezza vivace e il motore si spense. 
Il vento sollevò echi nella vela, mentre morbide onde baciavano la chiglia. In lontananza, la Table Mountain si ergeva con la sua granitica e imponente mole sotto il cielo azzurro pallido di mezzogiorno. La città, piccolissima ai suoi piedi, pareva un umile villaggio, in cui si distingueva appena lo scintillio di qualche grattacielo. A sinistra e a destra, lunghe spiagge dorate si stendevano sotto il sole".

Javier Reverte



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martedì 5 febbraio 2013

Lei è superstizioso ? ....



"Lei è superstizioso ?"
"No, però non mi va di contraddire quel che affermano altri più vecchi di me. L'uomo è arrivato sulla Luna, ma non è riuscito a doppiare il Capo con il mare infuriato. Questo come si spiega ? Perciò le ripeto di fare attenzione al fiume Congo: mi hanno detto che non è un bel fiume."
"Ha mai letto il romanziere Joseph Conrad ?"
"Non so chi sia. La letteratura non m'interessa, francamente. Mi annoia leggere storie inventate".
"Anche le leggende sono inventate, e non tutti i romanzieri inventano".
"Qualsiasi leggenda ha sempre a che vedere con la realtà" concluse Pierre, serio. "Mi scusi, torno al timone, si è alzato il vento."
Si allontanò con agilità verso poppa dopo aver gettato la sigaretta in mare. Le due ragazze lo accolsero con dolci sorrisi."

Javier Reverte





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sabato 2 febbraio 2013

Allora gli dissi che intendevo ...



" Allora gli dissi che intendevo concludere il mio viaggio sul fiume Congo. Il volto sorridente di Pierre si oscurò un poco:" Un fiume .... un fiume non è lo stesso che il mare. E il Congo .... Be', ho sentito parlare del fiume Congo. E' difficile da navigare. Stia attento, comunque, ci sono posti su cui circolano brutte leggende, e il Congo è uno di quelli".
Risi.
"Lei crede alle leggende ?" domandai.
"Noi marinai dobbiamo rispettare le leggende" rispose serio.
"Laggiù, alla punta del Capo" e indicò con il braccio verso sud "dicono che ci sia una nave fantasma, l'Olandese volante. Ne ha sentito parlare ? Il suo capitano scommise l'anima che avrebbe doppiato il Capo durante una tempesta. Non ci riuscì, e fu condannato a vagare in eterno per tutti i mari del mondo. Molti dicono di aver visto il veliero nella nebbia volare sulle onde con il capitano aggrappato al timone, mentre l'equipaggio urlava terrorizzato. Dicono che vederlo è un presagio di sventura".

Javier Reverte




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mercoledì 30 gennaio 2013

Poi mi parlò della storia dell'isola ....



"Poi mi parlò della storia dell'isola, delle grandi colonie di pinguini che l'abitano e dei numerosi squali bianchi che infestano le sue acque. "Ma non sono pericolosi, hanno migliaia di foche per sfamarsi, e non si interessano agli uomini. Non ho mai sentito di nessuno che sia stato attaccato da uno squalo bianco, qui a Città del Capo".
Pierre era orgoglioso di essere un marinaio e aveva navigato lungo tutta la costa sudafricana e nell'Oceano Indiano fino al Corno d'Africa. "L'Oceano Indiano comincia a sedici ore di navigazione da qui. Quando ci entri, senti come uno schiaffo di caldo umido e il mare cambia colore. Ma il punto d'incontro tra i due oceani non è così pericoloso per la navigazione come il Capo di Buona Speranza. Lì non sai mai quando può scatenarsi una tempesta. Scoppia in pochi minuti e solleva onde alte fino a venticinque metri. Molte navi sono affondate laggiù, e doppiare il Capo è davvero molto emozionante. Io l'ho fatto varie volte. Se rimane qualche giorno in città, non se lo perda, è vicino, e la strada è buona."

Javier Reverte




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lunedì 28 gennaio 2013

Mi sedetti a prua, rivolto verso l'oceano .....



"Mi sedetti a prua, rivolto verso l'oceano. Nel viaggio di ritorno volevo guardare Città del Capo come dovevano averla vista gli antichi navigatori. Il giovane capitano si avvicinò per chiedermi da accendere e chiacchierammo un pò. Si chiamava Pierre. " Non potrei chiamarmi in altro modo: sono nato su una nave che si chiamava Saint-Pierre, ancorata nel porto di Saint-Pierre, e mia madre fu assistita da un medico che si chiamava Pierre. Mio padre non dovette certo rompersi la testa per trovarmi un nome".

Javier Reverte




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domenica 27 gennaio 2013

Eravamo diretti all'isola di Rodden ......



"Eravamo diretti all'isola di Rodden, circa 11 chilometri a nord di Città del Capo. E' un'isola con una lunga storia, da sempre utilizzata come penitenziario. Il suo detenuto più celebre fu Nelson Mandela, che vi scontò undici dei suoi ventisette anni di reclusione come prigioniero politico. Rodden ha cessato di essere una prigione nel 1994, con la fine del regime dell'apartheid, e oggi è un luogo di pellegrinaggio, quasi un santuario per la popolazione nera del paese, che vede nell'isola un simbolo della libertà che si è duramente conquistata".

Javier Reverte




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venerdì 25 gennaio 2013

Ma il giorno spuntò luminoso e terso .....



" Ma il giorno spuntò luminoso e terso, con un cielo splendente, immenso e cristallino, le strade animate da un fiume di folla che pareva allegra sotto il sole radioso. Decisi di andare dritto al mare, volevo avere una visione della città dall'oceano, vedere un paesaggio simile a quello contemplato dai primi navigatori europei giunti su queste coste. E m'imbarcai su un piccolo veliero per turisti e gitanti. Il capitano era un giovane barbuto, con lunghi capelli biondi, allegro e ridanciano, e immagino anche piuttosto belloccio, poiché due ragazze che viaggiavano con me facevano di tutto per attirarne l'attenzione.
La mattinata era dolce e il mare piatto. C'era appena un alito di vento, sicché il battello doveva affidarsi al suo piccolo motore per avanzare su un oceano liscio come uno specchio. C'erano grosse foche, sui moli della darsena, e poi pinguini che nuotavano accanto a noi, e stormi di gabbiani e di cormorani".

Javier Reverte




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Quel giorno di luglio, inverno in Sudafrica ...



" Quel giorno di luglio, inverno in Sudafrica, un violento temporale oscurava il cielo e colpiva con feroci scrosci di pioggia la pista dell'aeroporto. Mentre raggiungevo la città in taxi, passando accanto alle bidonville di Cape Flats, il quartiere nero e povero di Città del Capo, le nuvole si aprirono un pò e intravidi la parete di roccia del Table Mountain, un'enorme rocca a forma di tavolo che è segno distintivo ed emblema della città. L'arcobaleno tagliava la pietra come una sciabolata di luce, sotto il cielo grigio e rosso.
La sera fu triste e umida per le vie deserte della città. Avevo l'impressione di trovarmi in un quartiere del centro di New York, con la sua solitudine notturna, gli alti edifici disabitati, le guardie sulle porte dei negozi e degli hotel, le strade bagnate e gli sbuffi di vapore dai tombini".

Javier Reverte




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giovedì 24 gennaio 2013

Nel bagaglio avevo solo un punto di partenza ....



" Nel bagaglio avevo solo un punto di partenza, Città del Capo, e una meta, il fiume Congo. In mezzo, molto tempo per l'avventura. Posso dire che non sono mai stato così libero.
Perché Città del Capo ? Per una sola ragione: perché si può affermare che di lì abbia preso le mosse in modo consapevole l'ambizione dell'uomo bianco di trasformare l'Africa in un proprio possedimento, di strappare al nero la proprietà del terreno e lo sfruttamento delle sue immense ricchezze. Finché gli olandesi non vi stabilirono la loro prima colonia, solo i portoghesi avevano creato alcuni insediamenti costieri che, in sostanza, si riducevano a postazioni militari, anelli di un'ininterrotta catena di vigilanza disposta lungo la rotta per l'Asia. E fu dal Capo che cominciò quella che possiamo chiamare "la conquista dell'Africa". E fu dal Capo che ebbe inizio una storia, durata tre secoli, di guerre, oppressione, sangue e lacrime".

Javier Reverte




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mercoledì 23 gennaio 2013

Tutto questo, però, accadde dopo un lungo vagabondaggio ....



" Tutto questo, però, accadde dopo un lungo vagabondaggio, cominciato quasi due mesi prima a Città del Capo. Erano passati quattro anni dal mio ultimo viaggio nel continente nero, e quasi uno dalla pubblicazione del mio libro El Sueno de Africa. L'accoglienza che gli era stata riservata dai lettori mi permetteva di finanziarmi un'altra lunga passeggiata in territorio africano. Non ero sicuro che avrei scritto qualcosa al ritorno. Pensavo di farlo soltanto se avessi trovato del buon materiale. Uno scrittore non deve ripetersi, giacché è meschino imitare se stessi. E questo libro non vuole essere un seguito del primo. Avevo molte idee per altri viaggi, ma l'Africa mi attraeva con una forza a cui non potevo resistere. Volevo tornarci, e girare il continente senza uno scopo preciso che non fosse la navigazione del fiume Congo. Volevo godermi la smisurata sensazione di libertà che procura il vagabondare da soli, decidendo sul momento dove andare, disposto a seguire le vie inaspettate che si aprissero davanti alle mie scelte del momento".

Javier Reverte




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martedì 22 gennaio 2013

La morte ti circonda da ogni lato .....



" La morte ti circonda da ogni lato e morire finisce per non importarti poi molto, perché è un fatto terribile ma, nello stesso tempo, logico. Cent'anni non hanno cancellato il carattere del fiume Congo, e le parole del libro di Conrad, scritto nel 1899 e pubblicato nel 1902, rimangono di stupefacente attualità.
"Era abbastanza uomo per affrontare le tenebre" dice Marlow parlando del capitano di una nave romana che risaliva il Tamigi. Da parte mia, come lettore alla ricerca del paesaggio e dello spirito di quel romanzo lungo il corso dell'immenso fiume, posso dire che non mi aspettavo di scontrarmi con la sua malvagia realtà. Se l'avessi saputo prima, non so se me la sarei sentita di affrontare le tenebre. E quando l'ho capito, sono fuggito dal fiume. Laggiù ho imparato che i simboli, a volte, si trasformano davvero in una realtà soverchiante. E ora so che questa congiunzione di simbolo e realtà può fare dell'uomo che scrive, anche senza molto talento naturale, un grande scrittore".

Javier Reverte



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lunedì 21 gennaio 2013

L'io narrante del libro .....



" L'io narrante del libro, il marinaio Marlow, alter ego di Conrad, lo dice fin dall'inizio del suo racconto:"Marciare attraverso i boschi ...... e sentire che la natura selvaggia, tutto quel che si può dare di più selvaggio s'è richiuso attorno a lui; tutta quella selvatica vita che si agita misteriosamente nella giungla, nella foresta, nel cuore dei barbari. E non c'è iniziazione per siffatti misteri. Egli ha da vivere nel bel mezzo dell'incomprensibile che è anche detestabile. E tutto ciò possiede per di più un certo fascino .... Il fascino dell'abominevole". 
Il fiume è ancora tale e quale come lo vide Conrad nel 1890. Le imbarcazioni che ne solcano le acque sono più o meno le stesse: vecchi rimorchiatori che trainano chiatte su cui la gente si pigia in condizioni miserevoli. Ovunque e in ogni momento sorgono nuove minacce che mettono in pericolo la vita dei viaggiatori: temporali, malattie, bufere, soldati allo sbando .....".

Javier Reverte




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sabato 19 gennaio 2013

Il libro di Conrad è una parabola .....



"Il libro di Conrad è una parabola su come l'anima umana, spinta da nobili ideali, possa scivolare fino al limite della barbarie, questione che ha impregnato di sé la storia e la letteratura del XX secolo e che Conrad anticipò con lucidità.
E' un libro enigmatico, e il suo fiume è un cammino di perversione, dove la bellezza e la malvagità si prendono per mano; è un immenso corso d'acqua circondato di foreste, sul quale si avanza irrimediabilmente verso l'irrazionalità e il male, dove la lucidità diventa piccineria, il coraggio conduce alla pazzia e la coscienza morale spinge all'omicidio".

Javier Reverte





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venerdì 18 gennaio 2013

Durante il suo viaggio sul fiume ...



"Durante il suo viaggio sul fiume, nel 1925, André Gide lesse per la quarta volta Cuore di tenebra e annotò:"Questo libro mirabile continua ad essere profondamente vero. Non vi sono esagerazioni nelle sue pagine, è crudelmente esatto". 
Graham Green percorse un tratto di fiume nel 1957, "in cerca di un personaggio", ripromettendosi più volte di non rileggere Conrad per non subire l'influenza del suo grande talento. Malgrado ciò, Quarry, il protagonista del suo romanzo Un caso bruciato, è un'anima alla ricerca dei limiti della condizione umana che affronta il vuoto esistenziale e l'assurdità della morte, una tematica molto conradiana.
E per finire, quando il regista Francis Ford Coppola volle tracciare un ritratto impietoso dell'intervento americano nel Sudest asiatico, scelse la trama del romanzo di Conrad per girare Apocalypse Now e fece risalire un fiume, in Vietnam, a un gruppo di soldati diretti senza saperlo verso l'orrore".
(segue .......)

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Le grandi opere letterarie.....



" Le grandi opere letterarie e l'epica della storia destano in molti di noi, appassionati lettori, un impulso irrefrenabile a riviverne le avventure. "Viaggiamo letterariamente", come disse Chatwin, e lottando con ansia un pò frenetica contro il tempo, aggiungo io.
Joseph Conrad risalì il fiume Congo nel 1890, spinto da un desiderio d'avventura che lo portava a paragonarsi a Don Chisciotte.
Quel viaggio, durante il quale percorse 1600 kilometri del fiume, da Léopoldville (l'attuale Kinshasa) fino a Stanleyville (l'attuale Kisangani), risvegliò nell'anima del marinaio che era allora una profonda consapevolezza di scrittore.
"Prima del Congo" annotò in seguito in una delle sue lettere "ero soltanto un animale."
E gli rivelò una verità molto antica in letteratura, che impregna di sé tutta l'opera conradiana: l'immaginazione è un modo creativo di mettere ordine nell'esperienza ed è maestra della vita e dell'arte.
Lo stesso Conrad scrisse nella prefazione all'edizione del 1902 del suo romanzo:"Cuore di tenebra è esperienza condotta un poco (e soltanto un poco) al di là dei fatti reali, con il proposito, perfettamente legittimo a mio giudizio, di avvicinarla alle menti e ai cuori dei lettori."
Conrad vide qualcosa di profondo nel Congo: quello che si chiama il lato oscuro, un aroma che si sprigiona assai di rado dalle opere letterarie e che tutti noi lettori ammiriamo senza comprenderne l'esatta dimensione.
(segue .....)

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giovedì 17 gennaio 2013

Nella più bella notte del fiume Congo .....



" Nella più bella notte del fiume Congo, nel piccolo porto di Bolobo, di fronte a me c'era un uomo che poteva uccidermi. 
Era una macabra ironia: mi ero spinto fin laggiù alla ricerca del paesaggio di un magnifico libro, Cuore di tenebra, e ora lo spirito che aveva ispirato quell'opera letteraria mi si manifestava come una mortale realtà: avevo davanti a me una delle facce dell'"orrore" conradiano.
"L'immaginazione" scrisse Conrad "e non l'invenzione, è maestra tanto dell'arte quanto della vita".
Proprio lì, sulla canna del fucile del soldato, c'era la prova di quella schiacciante verità della letteratura".
(segue ....)

Javier Reverte




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lunedì 14 gennaio 2013

Mi parlò in un francese poco comprensibile ...



" Mi parlò in un francese poco comprensibile, continuando a sorridere e strascicando le parole.
Il suo atteggiamento mi ricordava certi vecchi e mediocri film hollywoodiani dove i banditi, in genere messicani, hanno un'espressione ironica e strafottente, cortese e crudele insieme.
Forse il soldato aveva visto decine di quei film nelle sale africane ed era fiero di poter interpretare il ruolo dei suoi sogni davanti a un bianco disarmato.
Quando gli dissi che ero soltanto un turista, scoppiò in una sghignazzante risata cinematografica. "No, no, monsieur, lei non è un turista; lei è una spia e un nemico del Congo" disse. Poi aggiunse:"La sua vita vale 200 dollari. Me li dia, o l'ammazzo".
Pensai che le cose stavano al contrario: se glieli avessi dati, mi avrebbe fatto fuori". 
(.... segue)

Javier Reverte




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Eravamo ormeggiati nel porto di Bolobo .....



" Eravamo ormeggiati nel porto di Bolobo, a 330 chilometri da Kinshasa, costretti a fermarci lì per un controllo militare.
Io ero in cabina a prendere appunti sul mio taccuino di viaggio, quando la porta si aprì ed entrò un soldato armato di fucile automatico.
Indossava una canottiera gialla e pantaloni mimetici. 
Alla sua cintura erano agganciate diverse bombe a mano.
Aveva una faccia piccola e tonda, la fronte bassa, e i suoi occhi navigavano in un umidore giallognolo di alcol e marijuana.
Sorrideva, mostrando i denti radi sotto la peluria dei baffetti.
Mi si sedette di fronte, posando l'arma sul tavolo con la canna rivolta verso di me". (segue ....)

Javier Reverte




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